di Pamela Romano
Mangiare non è solo una necessità fisica ma anche un piacere per i sensi e (ri)scoprire nuovi sapori è una prova a cui tutti dovremmo approcciarci con genuina curiosità.
Solitamente se un cibo non risulta piacevole alla vista e all’olfatto difficilmente verrà gustato.
Sebbene gran parte del sapore derivi dall’odore potrebbero esserci delle variazioni. Infatti, quando il cibo entra in bocca, le molecole odorifere scendono nella gola anziché salire nel naso, invertendo l’ordine, cambiano le molecole e le percezioni. Imparare a mangiare ciò che apparentemente non ci piace, potrebbe rivelarsi una scoperta sorprendente.
RESETTARE I CIRCUITI NEURONALI
Pensando ciò, si può vincere un’avversione alimentare, avere una dieta varia ed evitare carenze nutrizionali.
Avvicinandoci a nuovi cibi, sperimentare ricette, reinventare le nostre abitudini si può rivelare più stimolante di ciò che pensiamo.
Come? Mangiando con calma, a piccole quantità e, con un po’ di curiosità, l’assaggio diventerà un viaggio sensoriale. Il nostro piatto risulterà vario, pieno di colori, sapori e consistenze e il nostro fisico ci ringrazierà!
CIBO E CULTURA
Il luogo in cui viviamo influisce molto sul fatto di amare o meno delle pietanze. L’identità culturale si esprime proprio attraverso di esso. L’essere umano prepara, crea, trasforma, conserva, produce in base alle condizioni climatiche, ai terreni e ai mezzi di cui ha disposizione, alle influenze economiche, storiche e nutrizionali.
Per fare bagaglio di esperienza, ogni qualvolta ci troviamo ad affrontare un viaggio, la prima cosa che facciamo è assaggiare i piatti tipici del posto. È un motivo di arricchimento personale in cui abbattiamo barriere e pregiudizi.
Forse non ci conquisterà al primo assaggio ma è parte integrante di quel luogo.
E se iniziassimo un nuovo viaggio enogastronomico tra le mura di casa?
Potremmo rispondere alle nostre esigenze alimentari e guardare il mondo del cibo con nuovi occhi.
SAPORI E SENSAZIONI
Esistono più sapori di quanti crediamo. I recettori presenti nelle papille gustative della lingua fondamentalmente percepiscono il dolce, l’amaro, il salato, l’acido e l’umami. Ma da recenti studi si è scoperto che esistono altri recettori legati al sesto e al settimo sapore, ovvero al grasso e al fritto. Le ricerche affermano che probabilmente siamo in grado di percepire anche l’amido ma ancora non si è trovato il recettore. Tra i sapori ignoti si sta cercando di capire se anche il sapore metallico rientrerà tra le nuove categorie e se gli esseri umani, come alcuni animali, sono in grado di percepire il gusto gessoso del calcio.
Oltre ai cinque sapori fondamentali, esistono sensazioni non gustative percepite dai nervi della lingua e della bocca estremamente indispensabili, infatti rilevano la temperatura, il contatto, il dolore. Grazie ad esse percepiamo la sensazione frizzante delle bibite gassate, quella astringente data dalla frutta acerba, rinfrescante dalle caramelle al mentolo, piccante che può dare sensazione di calore, bruciore e dolore e farci capire come, quando e quanto cibo ingerire o se è meglio non farlo.
IL QUINTO ELEMENTO DEL GUSTO, L’UMAMI
Le sensazioni gustative dei nostri antenati erano essenzialmente dolce, amaro e aspro. È difficile avere un quadro chiaro delle abitudini alimentari nella preistoria, ma essendo una dieta quasi del tutto vegetale sappiamo per certo che si nutrivano di frutta, quindi avevano la percezione del dolce e dell’aspro e ne riconoscevano il grado di maturazione e li associavano a cibi ricchi di energia e di bacche e vegetazione spontanea, il cui sapore amaro svolgeva la funzione salvavita e gli impediva di ingerire piante velenose. Questi istinti primordiali sono arrivati fino a noi, infatti già dall’infanzia preferiamo il dolce e siamo più sensibili all’amaro come retaggio del nostro passato evolutivo.
Progresso e istinto di sopravvivenza hanno portato l’uomo a sviluppare non solo tecniche per procurarsi il cibo, ma anche per conservarlo e fare la scorta per i periodi in cui scarseggiava.
Il sapore salato e umami arrivano proprio grazie alla diffusione delle tecniche di cottura e conservazione e fanno parte del fabbisogno giornaliero perché apportano sali minerali e proteine.
L’umami è presente in tante pietanze, sia antiche che moderne ma è stato inserito come quinto gusto solo un millennio fa e ancora oggi è poco conosciuto.
Lo stuzzicante di papille per eccellenza, deriva da una parola giapponese che significa appunto: “buon sapore”, “saporito” ed esalta le pietanze rendendole ricche ma senza risultare grasse o salate per questo è simbolo di cibo sano. È in grado di stimolare la salivazione, necessaria per una buona digestione e l’appetito e facilità l’assorbimento dei nutrienti.
I bambini ricercano il gusto umami perché hanno un palato istintivo e privo di influenze culturali, lo amano perché gli ricorda il latte materno che è appunto ricco di glutammato.
L’acido glutamminico, percepito come umami, si trova in abbondanza in cibi fermentati, stagionati ed essiccati, tra cui gli insaccati di pesce o il garum.
CONCLUSIONI
Ritornare un po’ come bambini ad apprezzare la semplicità, non avere paura di sperimentare cose nuove, approcciarsi con curiosità invece che con diffidenza darà nuovo gusto alla vita!